IL TRIBUNALE 
 
    Nel procedimento n. 40/2013; 
    letto il ricorso depositato da Zattin Enrico in data  14  gennaio
2013 avverso la sentenza n. 158/2012 depositata in data  21  dicembre
2012 e resa dal Giudice di Pace di Este nel procedimento n. 320/12; 
    rilevato che la sentenza impugnata, pur avendo totalmente accolto
la domanda attorea, ha interamente  compensato  le  spese  legali  ad
eccezione che per il rimborso del contributo unificato; 
    rilevato che, l'unico motivo di doglianza spiegato con l'atto  di
appello, attiene all'omessa esplicita  motivazione,  del  Giudice  di
primo grado, in ordine alla  sussistenza  dei  gravi  ed  eccezionali
ragioni che giustifichino, come  previsto  dall'art.  92  c.p.c.,  la
compensazione delle spese legali pur a fronte del totale accoglimento
del ricorso proposto; 
    rilevato che, non essendo stato interposto  appello  dalla  parte
soccombente nel merito nel giudizio di primo  grado,  nella  suddetta
sentenza si e' formato il giudicato interno in ordine alla domanda di
annullamento del verbale emesso dalla Polizia Locale  del  Comune  di
Este; 
    rilevato che nel chiedere la  riforma  della  sentenza  di  primo
grado, l'appellante ha altresi' eccepito la illegittimita'  dell'art.
91 c.p.c. in relazione all'art. 82 c.p.c. per violazione degli  artt.
3 e 24 Cast. lamentando che, anche  qualora  il  Giudice  di  Appello
ritenesse fondato il gravame, dovrebbe  fare  applicazione  di  norme
ritenute costituzionalmente illegittime poiche', liquidando le  spese
legali di primo grado, sarebbe vincolato a liquidare  un  valore  non
superiore  a  quello  della  causa  (pari  ad  euro   153,96)   cosi'
esponendolo, pur a  fronte  di  una  totale  vittoria  sulla  domanda
principale, alla soccombenza di fatto trovandosi  esposto  al  totale
pagamento del compenso del proprio difensore non potendo contare  sul
rimborso da porre a carico della parte totalmente soccombente; 
    rilevato  che  il  ricorrente,  pur  potendo  stare  in  giudizio
personalmente visto che il valore della causa e'  inferiore  ad  euro
1.100,00 ex art. 82 c.p.c.,  ha  scelto  di  difendersi  mediante  il
patrocinio di un avvocato del libero foro; 
    rilevato che, a fronte di tali  considerazioni,  l'appellante  ha
eccepito  l'illegittimita'  dell'art.  91  c.p.c.  ultimo  comma   in
relazione all'art. 82 c.p.c., come da ultimo modificato  dalla  legge
n. 10/2012 di conversione del d.l. n. 212/2011  nella  parte  in  cui
obbliga il giudicante, nelle cause di valore  inferiore  ai  1.100,00
euro, a liquidare una somma non superiore al valore della causa  che,
nel caso di specie, appare essere di modestissima  entita'  cosi'  da
non rappresentare un serio ristoro delle spese che la parte ha dovuto
affrontare, o che comunque affrontera', per ottenere un provvedimento
totalmente a se' favorevole e che, essendo  il  relativo  capo  della
sentenza non  oggetto  di  impugnazione,  non  e'  piu'  oggetto  del
contendere; 
    rilevato  che  la  questione  sollevata  dall'appellante   appare
rilevante e non manifestamente infondata per i seguenti motivi: 
Rilevanza 
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale  eccepita   si   osserva:   la   doglianza   sollevata
dall'appellante con il suo ricorso in ordine  all'omessa  motivazione
del Giudice di primo grado  appare  fondata  poiche',  dalla  lettura
della parte motiva della sentenza di primo  grado,  non  si  rinviene
alcuna esplicita motivazione in ordine alla decisione  di  compensare
integralmente  le  spese  legali  della  parte  risultata  totalmente
vittoriosa laddove invece l'art. 92 c.p.c.,  nella  sua  formulazione
risultante dalla modifica operata dall'art.  45  comma  11  legge  n.
69/2009,  richiede  espressamente  che,  a   differenza   che   nella
precedente formulazione laddove erano sufficienti giusti  motivi,  il
Giudice possa compensare le spese solo a fronte della sussistenza  di
gravi ed eccezionali ragioni, di cui deve dare esplicita motivazione,
mentre la sentenza nulla dice. 
    A fronte quindi della  fondatezza  dell'appello,  questo  Giudice
dovrebbe, accolto il gravame, liquidare  anche  le  spese  del  primo
grado facendo pero' applicazione proprio dell'art. 91 c.p.c.  oggetto
di censura di costituzionalita' dall'appellante. Al contrario,  senza
la previsione di cui all'art.  91  c.p.c.,  questo  Giudice  potrebbe
liquidare le competenze del  professionista  della  parte  totalmente
vittoriosa, da porre a carico della parte soccombente,  senza  essere
vincolato al valore della causa (euro 153,96) e per di  piu'  potendo
fare applicazione dei nuovi parametri di cui  al  D.M.  n.  140/2012,
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 22 agosto  2012,  applicabili
al presente giudizio cosi' come statuito da Cass. Sez. Unite n. 17406
del 25 settembre 2012 la quale ha affermato che «... per  ragioni  di
ordine sistematico e dovendosi dare al citato  art.  41  del  decreto
ministeriale un'interpretazione il  piu'  possibile  coerente  con  i
principi  generali  cui  e'   ispirato   l'ordinamento,   la   citata
disposizione debba essere letta nel senso che i nuovi parametri siano
da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in
un momento successivo alla data di entrata  in  vigore  del  predetto
decreto e si riferisca al compenso  spettante  ad  un  professionista
che,  a  quella  data,  non  abbia  ancora  completato   la   propria
prestazione professionale, ancorche'  tale  prestazione  abbia  avuto
inizio e si sia in parte svolta in epoca  precedente,  quando  ancora
erano in vigore le tariffe professionali abrogate...». 
    La   rilevanza   delle   questioni   sollevate    dalla    difesa
dell'appellante in ordine alla possibilita'  di  ottenere  un  giusto
ristoro delle spese da sostenersi per la difesa tecnica, vanno  anche
lette alla luce delle  ulteriori  valutazioni  effettuate  sempre  da
Cass. Sez. Unite 17406/2012 laddove si osserva che «... Ne'  varrebbe
obiettare  che  detti  elementi   di   valutazione   attengono   alla
liquidazione  del  compenso  dovuto  al  professionista  dal  proprio
cliente, sembrando inevitabile che essi siano destinati a riflettersi
anche sulla liquidazione giudiziale  effettuata  per  determinare  il
quantum delle spese processuali  di  cui  la  parte  vittoriosa  puo'
pretendere il rimborso nei  confronti  di  quella  soccombente  ...».
Anche a parere del Supremo Collegio di legittimita', nella  sua  piu'
autorevole composizione, il rimborso delle spese, sostenute per adire
l'autorita' giudiziaria dalla  parte  totalmente  vittoriosa,  e'  un
valore meritevole di rilevanza giuridica. 
    In ultimo, in punto di rilevanza, va osservato che in  ogni  caso
nelle cause di modestissimo valore come la presente, la  liquidazione
entro il valore della  causa  rappresenta,  di  fatto,  una  sanzione
processuale per la parte  che,  pur  agendo  in  giudizio  con  piena
fondatezza delle proprie ragioni,  lo  abbia  fatto  valendosi  della
prestazione professionale di un avvocato. 
    Tale   circostanza,   nell'attuale   quadro   normativo,    viene
evidentemente intesa dal legislatore come una  colpa  che  meriti  di
essere sanzionata dal punto di vista  economico  con  un  sostanziale
addebito dei costi dell'opera del professionista, che a questo  punto
viene evidentemente considerato un vezzo, di cui la parte, totalmente
vittoriosa, deve sopportare l'onere, laddove invece, volendo, avrebbe
potuto farne a meno potendo stare in giudizio personalmente. 
Non manifesta infondatezza 
    In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della   questione
sollevata, va osservato che il rimborso delle  spese  legali  che  la
parte  deve  sostenere  per  retribuire  il  proprio  difensore   nel
rivolgersi  all'autorita'  giudiziaria  chiedendo  la  tutela  di  un
proprio diritto suppostamente violato, attengono in maniera immediata
e diretta alla stessa possibilita' della parte di  poter  far  valere
fondatamente avanti l'autorita'  giudiziaria  le  proprie  ragioni  e
quindi rappresentano la concreta ed immediata attuazione dell'art. 24
Cost.. 
    E' indubbio che la scelta del legislatore di  contenere,  per  le
cause di un valore molto modesto e pari a non oltre  1.100  euro,  le
spese liquidabili a non oltre il valore massimo della causa, va letto
avendo bene a mente che, fino al medesimo valore, la parte puo' stare
in giudizio personalmente cosi' che, astrattamente, essa potrebbe non
dover sostenere alcuna spesa per  la  difesa  tecnica  cosicche',  la
scelta di farsi difendere da un  professionista,  si  ridurrebbe,  in
ultima  analisi,  in  una  scelta  personale,   facoltativa   e   non
obbligatoria, a fronte della quale il  legislatore  ha  evidentemente
inteso  che  la  parte  possa  anche  sopportarne  i  costi   qualora
preferisca usufruire dei servigi professionali di un avvocato. 
    Appare peraltro egualmente evidente che,  laddove  l'attore,  non
sia  in  possesso  di  specifiche  conoscenze  giuridiche   che   gli
consentano anche solo di valutare l'opportunita' di impugnare  l'atto
giuridico a se' sfavorevole mediante il ricorso ad un  Giudice,  come
nel caso concreto, se non avesse avuto l'assistenza di  un  difensore
verosimilmente non avrebbe saputo, o non lo avrebbe fatto con  eguale
incisivita', quali elementi valorizzare per ottenere, come in effetti
ha  ottenuto  con  la  sentenza  qui  impugnata,   un   provvedimento
totalmente favorevole che ha definitivamente stabilito, con decisione
non  piu'  impugnabile,  che  quel  verbale   era   illegittimo   per
inesistenza della notifica dell'atto inviato al ricorrente ed  appare
quindi di immediata evidenza il  danno  che  avrebbe  patito  se  non
avesse scelto di rivolgersi ad un legale per impugnare  un  atto  che
oggi deve definitivamente dirsi illegittimo. 
    Se quindi la possibilita' di ottenere un provvedimento favorevole
avanti ad un'autorita' giudiziaria e' indubbiamente, in parte,  anche
legata alla scelta  se  e  da  quale  difensore  farsi  assistere  in
giudizio, poiche' per esempio la scelta di un difensore specializzato
nel settore per cui e' causa anziche' in materia differente incide in
maniera  immediata  e   diretta   sulla   possibilita'   di   esporre
correttamente all'autorita' giudiziaria gli elementi di  fatto  e  di
diritto a se'  favorevoli,  appare  evidente  che  il  difendersi  in
giudizio  in  prima  persona,  o  mediante  il   patrocinio   di   un
professionista qualificato, non puo' essere considerato  un  elemento
neutro al fine del formarsi del libero  convincimento  dell'autorita'
giudiziaria adita, neppure  nelle  cause  di  minor  valore  che  non
necessariamente involgono diritti di  grado  deteriore  solo  perche'
aventi un valore economico modesto. 
    D'altronde, che la difesa tecnica sia di per se' stessa un valore
fondamentale nel nostro  ordinamento,  lo  si  evince  anche  da  una
lettura  di  sistema  che  si  ricava  dal  complesso   delle   norme
processuali, civili e penali, per cui il legislatore ha  ritenuto  di
prevedere che la difesa tecnica sia obbligatoria. 
    Nel processo civile, infatti, vi sono  solo  tre  eccezioni  alla
regola generale: la prima e' rappresentata proprio dall'art. 82 comma
1 c.p.c., cioe' nei  procedimenti  avanti  al  Giudice  di  Pace  che
abbiano un valore inferiore ai 1.100,00 (limite peraltro recentemente
elevato dagli originari 516,00 euro), la seconda nel caso in  cui  la
parte che agisce o  resiste  in  giudizio  possegga  essa  stessa  la
qualita' necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura
presso il Giudice adito  (art.  86  c.p.c.),  l'ultima,  disciplinata
dall'art. 417 c.p.c., nelle cause in  materia  di  lavoro  di  valore
inferiore ai 129,11 euro. 
    Nel processo penale, evidentemente anche per i beni giuridici che
sono  coinvolti  dall'esito   del   giudizio,   il   legislatore   ha
espressamente escluso la possibilita'  che,  anche  chi  possiede  le
qualita' tecniche necessarie,  possa  provvedere  personalmente  alla
propria difesa stabilendo che la difesa tecnica e' obbligatoria (art.
369-bis comma 2 lett. A c.p.p.) e istituendo altresi' un  sistema  di
elenchi tenuti dai Consigli  degli  ordini  degli  avvocati,  che  ne
curano la formazione, a cui l'autorita' giudiziaria  possa  attingere
allorquando abbia necessita' di compiere atti a cui  debba  assistere
il difensore della persona sottoposta ad indagini e  che  ancora  non
abbia avuto la possibilita' di nominarlo. 
    Altro elemento di contraddizione sistemica e'  rappresentato  dal
fatto che nelle cause disciplinate dagli artt. 409 c.p.c. e seguenti,
pur di valore inferiore ai 129,11 euro dove quindi la parte  potrebbe
stare in giudizio personalmente, nessun vincolo e' rivolto al Giudice
al momento della decisione sul regolamento delle spese di lite  visto
che l'art. 91 c.p.c. richiama solo l'art. 82 c.p.c. e non l'art.  417
c.p.c. sicche', paradossalmente, in quel procedimento,  se  la  parte
invece di stare in giudizio personalmente si facesse assistere da  un
difensore, in caso di vittoria, potrebbe ottenere l'integrale ristoro
delle spese legali con evidente disparita' di trattamento con chi  si
trovi in analoga posizione processuale, ovvero di totale vittoria, ma
abbia chiesto la tutela di un diritto che appartenga alla  cognizione
del Giudice di Pace anziche' del Giudice del Lavoro. Appare  evidente
che, dalla visione complessiva  che  si  ricava  dall'esame  dei  due
sistemi processuali, pur ciascuno con le sue peculiarita', si  evince
che l'ordinamento riconosce come bene fondamentale ed  insopprimibile
quello della difesa tecnica,  intesa  come  patrocinio  delle  altrui
ragioni avanti al Giudice terzo ed imparziale,  diretta  applicazione
dell'art. 111 Cost. e dell'art. 6 C.E.D.U.  e  che  la  deroga  debba
necessariamente rappresentare un'eccezione assoluta. 
    Va valorizzato, al fine di evidenziare il contrasto  delle  norme
censurate  con  il  disposto  dell'art.  24  Cost.,  che   la   norma
costituzionale di riferimento, che prevede che «tutti  possono  agire
in giudizio per la tutela dei propri diritti e  interessi  legittimi»
non fa distinzione, per riconoscere il diritto all'azione, in base al
valore  economico  del  diritto  di  cui  si  chiede  tutela   avanti
l'autorita' giudiziaria. 
    Porre il  cittadino,  nel  decidere  se  ricorrere  all'autorita'
giudiziaria per la tutela di un diritto suppostamente leso di  valore
inferiore ai  1.100,00  euro,  nella  condizione  di  effettuare  una
operazione  di  comparazione  tra  il  costo  per  adire  l'autorita'
giudiziaria con l'ausilio di un difensore, culturalmente attrezzato e
professionalmente qualificato e che anche  in  caso  di  vittoria  la
parte si dovra' interamente retribuire  cosi'  vanificando  l'effetto
favorevole della pronuncia che  riconosca  la  bonta'  della  domanda
giudiziale, piuttosto che difendersi da se' solo, con tutti i  rischi
che l'ignoranza dei tecnicismi del processo possa portare ad un esito
infausto della domanda, rappresenta da se' solo una palese violazione
dell'art. 24 Cost., oltre che dell'art. 3 Cost.,  per  la  disparita'
che  si  creerebbe  laddove,  tra  le  due  parti  del  processo  che
decidessero entrambe di difendersi  da  se'  sole,  l'una  avesse  la
padronanza delle norme che regolano lo svolgersi del processo  avanti
al Giudice adito mentre l'altra no o  l'una  potesse  permettersi  di
sostenerne comunque e a prescindere la  relativa  spesa  economica  e
l'altra no.  A  tale  carenza  di  conoscenze  tecniche  della  parte
potrebbe  sopperire  infatti  l'assistenza  tecnica  offerta  da   un
avvocato del libero foro il cui compenso pero',  di  fatto,  potrebbe
non trovare ristoro, anche in caso di piena vittoria, laddove venisse
liquidato, al massimo,  il  valore  della  causa,  che  nel  presente
procedimento  ammonta  ad  euro  153,96,  poiche'  appare  di  solare
evidenza che nessun professionista potrebbe accettare di  patrocinare
un cliente, fosse anche davanti ad un Giudice di Pace e per una causa
dal valore sicuramente molto modesto, a fronte di un compenso di euro
153,96. 
    Facendo applicazione dei nuovi parametri, il Giudicante,  ritiene
di poter sicuramente contenere entro valori minimi  il  compenso  del
professionista in ragione del  modesto  valore  della  causa,  ma  in
nessun caso liquiderebbe la somma di euro 153,96,  somma  che  appare
davvero eccessivamente esigua per  rappresentare  un  giusto  ristoro
delle  spese  che  la  parte  sosterra'  per   essersi   rivolta   al
professionista, professionista che deve necessariamente ricevere  una
remunerazione che sia rispettosa della difficolta' e  della  qualita'
del servizio reso e quantificata a mente dell'art. 2233 comma 2  c.c.
e dall'art.  13  della  nuova  legge  sull'ordinamento  professionale
forense pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2013
pena, in caso contrario, di una  manifesta  violazione  dell'art.  36
Cost. poiche' e' indubbio che liquidare all'avvocato, che  in  ultima
analisi altro non e' che un lavoratore, la somma di 153,96  euro  per
la  sua  prestazione  lavorativa  non  appare  essere  comunque   una
«retribuzione  proporzionata  alla  quantita'  e  qualita'  del   suo
lavoro...». 
    In  sostanza  limitare  la  discrezionalita'  del  Giudice  nella
liquidabilita' delle spese legali  al  valore  della  presente  causa
equivarrebbe,  per  l'appellante,  o  a  rinunciare   preventivamente
all'assistenza tecnica oppure a sobbarcarsene interamente il costo  a
prescindere dall'esito della causa che nel presente  procedimento  lo
ha gia' visto totalmente vittorioso con sentenza passata in giudicato
nel merito della domanda principale. 
    Anche  il  tentativo  di  dare  alle  norme  citate  una  lettura
costituzionalmente orientata, prima di investire della  questione  la
Corte Costituzionale, come affermato fin dalla sentenza  n.  149  del
1994 Corte Cost., non appare utilmente perseguibile. 
    Il testo  letterale  della  norma  sospettata  di  illegittimita'
costituzionale,  peraltro  novellata  di  recente  dalla   legge   n.
212/2011, non consente di conferirle  un  significato  differente  da
quello fatto palese dal significato proprio delle parole  secondo  la
connessione di esse e dalla intenzione del legislatore il  quale  ha,
al contrario, fatto rientrare addirittura  le  spese  vive  sostenute
dalla parte nel  limite  massimo  della  liquidabilita'  delle  spese
legali da parte del Giudice.